Scambiamoci carezze!

27.03.2014 10:36

carezze stroke analisi transazionale

Con carezza (stroke), in Analisi Transazionale, si intende ogni atto che implichi il riconoscimento della presenza di un’altra persona.

Secondo Bern, uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano, dall’infanzia all’età adulta, è proprio “la fame di carezze e riconoscimenti”. Da adulti le carezze con le quali riusciamo a soddisfare  il nostro bisogno di essere toccati e riconosciuti, possono essere rappresentate anche dai complimenti, un sorriso, una stretta di mano, uno sguardo amichevole etc. Le carezze possono essere anche negative e spiacevoli come  le critiche, le umiliazioni, gli insulti, le battute sarcastiche etc.

Può sembrare assurdo ma il nostro bisogno di essere accarezzati è così importante che se non riceviamo sufficienti carezze positive, faremo in modo di avere almeno quelle negative. Qualsiasi tipo di carezza è meglio di nessuna carezza.

Secondo lo studio di Steiner, i bambini occidentali vengono allevati secondo una rigida Economia delle carezze(stroke economy) , per assicurarsi un certo controllo su di loro, e che segue cinque regole fondamentali:

non chiedere le carezze che desideri,

non dare le carezze che desideri dare,

non rifiutare le carezze che non desideri,

non accettare le carezze anche se le vuoi,

non dare carezze a te stesso.

Da grandi possiamo avere difficoltà ad abbandonare queste regole. La scelta di non consentirsi deroghe dalla Stroke Economy ci allontana dalla spontaneità e si generano svalutazioni ed emozioni parassite, con il rischio che il bisogno di riconoscimento rimanga insoddisfatto.

Per imparare a scambiarci riconoscimenti in maniera autentica ed appagante, occorre darci il permesso di violare queste regole implicite.

 

Spesso dimentichiamo l’importanza di alcuni semplici gesti come il saluto, lo scambio di sguardi e di sorrisi, elementi fondamentali del riconoscimento reciproco. Non lo pensi anche tu?

 

Bibliografia

Steiner, C., (1971)“The Stroke economy”

Eric Berne,(1979) “Ciao!... E poi?”

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